“Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive” - F.Dostoevskij

Mese: Giugno 2020

Il terzo settore e l’eterno confronto tra reale e narrazione

La narrazione è ormai centrale nelle nostre vite. Probabilmente lo è sempre stata, ma oggi la tecnologia ne ha amplificato le potenzialità e l’influenza.

In un modo o nell’altro è tutto un rincorrere la migliore narrazione utile alle esigenze del momento ed il terzo settore su questo non rappresenta l’eccezione.

In Italia sono quasi un milione gli occupati e oltre sei milioni i volontari, un vero e proprio esercito che agisce in nome della coesione sociale costituendo linfa vitale per la resilienza di ogni comunità.

A questo mondo da mesi sono state dedicate parole bellissime che hanno contribuito anche ad arricchire di emozioni i discorsi dei nostri rappresentanti nelle istituzioni eppure queste narrazioni sono molto distanti da quel che il reale ci restituisce.

Messaggi fuorvianti, enti che rischiano di chiudere per sempre, realtà periferiche dimenticate, volontari che hanno rischiato il contagio a proprie spese sopperendo alle lacune dello stato a cui nemmeno un rimborso sarà corrisposto. Rischiamo di dilapidare un patrimonio.

Se, come annunciato da mesi, avessimo dovuto e voluto ricominciare veramente in nome di una comunità più unità e solidale, allora perchè le uniche azioni compiute a favore del terzo settore restano il credito d’imposta e la possibilità dei prestiti bancari?

Quanti sono gli enti che potranno usufruirne?

Sembra come minimo paradossale pensare che la partecipazione debba essere associata solo ai grandi enti ed alle grandi reti.
Manca una strategia e si soffia sul fuoco delle divisioni dimenticando di fare i conti con la vita vera, i sacrifici e l’impegno dei tanti volontari che, al momento, possono contare su poche mosche bianche tra i rappresentanti delle istituzioni.
Le tossine delle divisioni ideologiche iniziano a sparire e potrebbero essere presto un lontano ricordo, non sarebbe quindi il caso di abbandonare le narrazioni lontane della realtà e cominciare a costruire insieme al terzo settore il nuovo welfare da tutti auspicato?
Come sempre il reale consegnerà il conto e senza fatti concreti sarà molto salato.

Pubblicato su: Istituzioni24.it

Decreto Rilancio, ancora nessun risultato per il terzo settore

Gentile Direttore, è passato quasi un mese da quando il Governo ha varato il Decreto Rilancio, ma in termini pratici non si vedono risultati per il terzo settore. L’emergenza che viviamo impone sicuramente attenzione a numerosi aspetti poiché tante sono le criticità da affrontare eppure non credo sia possibile dimenticare una parte importante del Paese che, sin dai primi momenti della pandemia, ha offerto la propria opera gratuita per contenere e gestire le difficoltà.

Nelle conferenze stampa di ogni ordine e grado abbiamo ascoltato lodi continue alla grande attività del terzo settore eppure fino al “decreto rilancio”, come ricordato continuamente da molti rispettabili esperti e rappresentanti del non profit, nessuna misura era stata prevista per sostenere fattivamente chi garantisce la coesione sociale. Ad oggi non si registrano particolari effetti concreti rispetto a quanto previsto dall’ultima azione governativa e soprattutto nessuna voce sembra levarsi per sostenere le ragioni delle realtà che non appartengono alle grandi reti associative e che non potranno godere – quando sarà possibile – del credito d’imposta e dei prestiti bancari.

Si tratta dei volontari e degli operatori che a proprie spese hanno provveduto a comprare DPI, mettere in sicurezza aree, accompagnare anziani ed ammalati ai controlli medici, distribuire pacchi alimentari e che, in sostanza, hanno garantito ai Comuni ed alle istituzioni la possibilità di dare continuità a molti servizi ed attività rischiando anche di contagiarsi.

Queste persone hanno evidenziato con le loro azioni quanto sia concreto e fondamentale il principio di sussidiarietà e quanto il patrimonio di solidarietà ed esperienze di cui sono custodi sia una colonna portante per l’Italia di oggi e quella di domani. Ora la crisi aggredisce anche i loro enti che rischiano seriamente di scomparire.

Non un segnale, non un gesto concreto è stato compiuto fino a questo momento eppure dai contributi per l’affitto delle sedi e le loro sanificazioni, ai rimborsi per l’assicurazione dei volontari e le spese sostenute nel contenimento del contagio sarebbero molte le problematiche sulle quali poter intervenire. Il non profit crea valore sociale ed umano che non è fine a sé stesso e questo è ancora più evidente nelle migliaia di esperienze di periferia delle piccole e grandi città dove le attività ed i progetti sono spesso autofinanziate totalmente senza alcun supporto.

Naturalmente questa disattenzione non è solo del Governo, anche le regioni non sono da meno e la Campania su questo non fa eccezione nonostante vanti una grande tradizione del non profit che negli ultimi anni l’ha proiettata tra i territori in cui è cresciuta maggiormente la presenza del terzo settore.

Proprio in Campania ed in tutto il Sud dovremmo iniziare a valutarlo maggiormente e nella giusta modalità il ruolo del non profit iniziando a considerarlo come uno dei pilastri sui quali costruire un futuro diverso per le comunità. Tale rivoluzione copernicana potrà compiersi solo se le classi dirigenti saranno in grado di abbandonare le torri d’avorio per affrontare il reale.
Ricordarsi concretamente di volontari, operatori ed i loro enti del terzo settore potrebbe essere un primo passo significativo.


Pubblicato su: Il Riformista

Covid-19 e obiettivo “Salute” Agenda 2030: prospettive e rischi in Italia dopo il lockdown

Le Nazioni Unite, individuando gli obiettivi per affermare il paradigma dello sviluppo sostenibile entro il 2030, hanno dedicato ampia attenzione a “Salute e benessere” poiché l’accesso alle cure e la tutela di uno stato di buona salute per tutti è considerato tra i più importanti risultati da raggiungere entro la prossima decade.

L’Italia con il proprio sistema sanitario universalistico rappresenta da sempre per questo argomento un punto di riferimento, nonostante critiche, inefficienze e scandali che nel corso degli anni hanno, purtroppo, occupato le cronache dei giornali e attirato giudizi negativi dei cittadini.

Lo scoppio della pandemia e le attività di contenimento del contagio, prima fra tutte il lockdown, hanno avuto un grande impatto anche sul sistema sanitario, in particolare sulla sua organizzazione e sulle prestazioni garantite ai cittadini.

Senza voler ricordare ed approfondire quanto i medici e tutto il personale sanitario siano stati decisivi con il proprio operato ed ingegno lasciando sul campo anche numerose vite, occorrerebbe iniziare a verificare quali siano le condizioni dalle quali la sanità ripartirà in questa nuova fase dell’emergenza.

Il lockdown non ha bloccato solo le attività commerciali e sociali: sono migliaia le prestazioni mediche annullate o rinviate a causa di un’organizzazione non sempre pronta a gestire unitamente all’emergenza Covid-19 anche le attività ordinarie di assistenza, nonostante le grandi capacità dei medici e di tutto il personale del comparto sanità.

Come evidenziato da Repubblica ed altre autorevoli testate giornalistiche che hanno raccolto le testimonianze di alcuni dirigenti della sanità confrontandole con diverse indagini condotte nelle scorse settimane (una su tutte da Nomisma), in Italia sono saltati circa “500 mila interventi e 12 milioni di esami radiologici. Senza contare i milioni di cittadini che a causa del rischio Covid-19 hanno rinunciato o subito gli annullamenti dei controlli per le malattie non trasmissibili (NCDs – non communicable disease) che rappresentano da anni la prima causa di morte in Italia e nel mondo.

l’Istat ha, infatti, evidenziato nel suo ultimo rapporto sullo stato del cammino italiano verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile pubblicato il 14 maggio come la “maggior parte dei decessi avvengono per cause legate alle malattie cardiocircolatorie (35,8%), tumori maligni (26,3%), alle malattie del sistema respiratorio (8,2%)”. Sempre l’Istituto nazionale di statistica ha rimarcato come nel Mezzogiorno sia prevalente rispetto al Nord la mortalità per diabete, malattie cardiovascolari, cerebrovascolari ed ipertensive.

Alla luce di questi dati può risultare evidente come il coronavirus, nonostante la grande disponibilità  e capacità del personale,  possa aver colpito fortemente il sistema sanitario italiano rallentandone le prestazioni e la garanzia di accesso alle cure per tutti i cittadini.

Questo problema evidenzia come sia arrivato il tempo che, ai vari livelli istituzionali, i decisori politici inizino a pensare sul serio a come trasformare questa crisi in una grande opportunità per rilanciare un sistema sanitario in affanno e con evidenti disparità d’investimento e strutture tra il Nord ed il Sud dell’Italia.  Se, infatti, i vari decreti emanati dal Governo per affrontare la pandemia fanno registrare per ovvie ragioni una forte attenzione al “problema salute”, le misure adottate sembrano essere più di natura protezionistica e cautelativa che non di investimento e cambiamento. Sul tavolo, al momento, sono state avanzate alcune ipotesi soprattutto sull’organizzazione della medicina territoriale e sull’eventuale utilizzo del MES (fondo salva stati) per le spese dedicate alla sanità, ma ad ora non appaiono siano state intraprese strategie chiare.

Una situazione simile impone con urgenza un’assunzione di responsabilità in duplice veste:

  • politica, poiché sono necessarie prendere decisioni che abbiano risvolti non solo nell’immediato, ma anche nel futuro grazie all’attuazione di strategie ed investimenti per assunzioni, formazione, edilizia sanitaria, riduzione del gap strutturale e tecnologico tra le diverse aree del Paese;
  • organizzativa: il sistema sanitario deve avere linee guida chiare su come ripartire ed operare a pieno regime per recuperare il tempo perduto. Non è più il tempo di navigare a vista.

Con questi presupposti difficilmente si potranno effettuare grandi passi in avanti verso l’obiettivo (Goal 3) “Salute e Benessere” dell’Agenda 2030 e, nella speranza che non si verifichi una seconda ondata dell’epidemia, si corre il serio rischio di registrare a fine anno un notevole aumento di morti da malattie croniche e non trasmissibili.

Pubblicato su: Ricerca & Salute

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén