In materia di terzo settore sono due le notizie che segnalerei con maggiore attenzione (in attesa del varo definitivo dei decreti attuativi a completamento della riforma avviata ormai nel lontano 2017): un’intervista al Presidente del CNEL Tiziano Treu e la pubblicazione dei risultati della ricerca di JOB4Good sul lavoratore tipo del terzo settore.
Esse rappresentano due ottimi spunti di partenza per avviare un ragionamento su come il terzo settore sia indubbiamente una grande occasione di crescita per il Paese, ma sia anche la fotografia di quanto – inutile ripeterlo – questa nostra nazione abbia due volti tra Nord e Sud.
Circa le idee espresse dal già Ministro del Lavoro penso sia opportuno fare un’osservazione: nell’intervista il presidente del CNEL si mostra entusiasta di come grazie alla diffusione delle imprese sociali e al loro guadagnare spazio sul mercato del lavoro il no-profit stia influenzando culturalmente il profit portandolo ad un avere una maggiore attenzione ai risvolti sociali delle attività aziendali. Senza dubbio questo è un merito, ma non sarebbe auspicabile focalizzare l’importanza del terzo settore al solo crescere del numero delle imprese sociali e della loro nobilissima mission. Non bisognerebbe dimenticare, infatti, ciò che già qualcuno in altre occasioni ha definito l’anima del terzo settore ovvero lo spirito volontario. Non possiamo ancora una volta porre in secondo piano l’aspetto solidale rispetto a quello del profitto. Anche perché il solo profitto o la sola diffusione di buone pratiche circa l’utilizzo degli utili delle imprese a favore di progetti dall’alto valore sociale non significano necessariamente crescita della comunità nel suo intero.
Esse rappresentano solo una parte delle potenzialità del terzo settore. Non dimentichiamoci che la Riforma del Terzo Settore nacque anche sull’onda l’emotiva tesa a contrastare l’arricchimento e la crescita di alcune conventicole che avevano considerato il mondo non profit un’altra via per arricchirsi, magari celando dietro il volto di solidarietà, obiettivi ben più meschini.
Altre volte si è richiamata l’attenzione su quanto, invece, tutto il variegato universo che costituisce il non profit sia una grande risorsa per il sistema Italia anche per le opportunità che offre in termini di partecipazione e formazione civica di tutta la comunità. Lo è ancor di più in un momento storico che vede arrivare da più parti la richiesta della reintroduzione dell’insegnamento dell’educazione civica: il mondo del volontariato è una grande occasione per i giovani di affrontare esperienze in grado di farli maturare ed entrare a contatto con le regole del vivere la comunità e tutelarla nel loro rispetto.
Tutto questo possono farlo impegnandosi in progetti di servizio civile nei più svariati ed importanti ambiti, dall’ambiente alla cultura passando per l’assistenza ai bisognosi, oppure in tutte quelle iniziative portate avanti in squadre intergenerazionali a favore degli anziani o della promozione della cultura della prevenzione. Senza mai dimenticare il grande lavoro che svolgono gli enti non profit valorizzando in modo positivo i beni confiscati alla criminalità organizzata.
Il terzo settore, così concepito e vissuto, è una grande palestra di cittadinanza in grado di unire le generazioni e soprattutto al Sud, grazie al grande lavoro delle associazioni di volontariato e di promozione sociale ha rappresentato un primo e fondamentale argine alla crisi economica e sociale. Tutto questo, oggi, non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo quando guardiamo al futuro. La stagione post ideologica può liberare energie e proposte oltre ogni steccato in un ambito che per troppo tempo è stato considerato ad appannaggio di una sola parte mentre altre lo guardavano con poco interesse, tranne rari ed importanti casi. Riconosciuta quindi l’importanza delle imprese sociali ed il ruolo che esse svolgeranno ora e nei prossimi anni nello sviluppo dei territori, perché non pensare a misure di sostegno rivolte ad esse ed alle associazioni in materia di lavoro?
Una sorta di rating sulle azioni svolte dagli enti no profit per il quale, ad esempio, i progetti ritenuti più utili alla crescita di un territorio, alla sua coesione sociale, al recupero del patrimonio artistico-culturale, all’assistenza dei più deboli offrono la possibilità agli enti del terzo settore di assumere usufruendo di sgravi sugli oneri contributivi o sulle tasse. Si potrebbe, una volta ultimato il percorso della riforma dal Governo, pensare anche ad un potenziamento della convenienza del sostegno al terzo settore da parte del profit e dei singoli cittadini. Naturalmente, i controlli dovrebbero essere stringenti, ma tali iniziative non farebbero altro che rafforzare la sussidiarietà, la partecipazione dei cittadini e al contempo creare nuove opportunità di lavoro per tutti, non solo per i giovani, specialmente al Sud.

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