La pandemia e tutte le crisi conseguenti o che semplicemente COVID-19 ha reso palesi ci offrono una grande opportunità.

Non intendo riferirmi a quella vaga idea secondo la quale le difficoltà di questo lungo anno ci avrebbero resi migliori, anche perché i fatti hanno clamorosamente smentito il nobile auspicio, ma per la circostanza guardo alla certezza che qualsiasi crisi nella storia sia stata l’occasione per mutare paradigmi, ripartire, ricostruire e fare i conti con tutto quanto in precedenza rappresentasse ostacolo e freno.

Più volte e in diverse occasioni abbiamo tutti insieme potuto registrare l’incapacità da parte della nostra classe dirigente di essere almeno leggermente migliore delle comunità che in un modo o nell’altro è stata chiamata a guidare, eppure, la speranza che questo stato di cose mutasse in positivo non l’abbiamo mai smarrita. Non possiamo non guardarci allo specchio e iniziare a capire che, nel profondo, non tutto è colpa degli altri, dei cosiddetti “potenti”. Le ragioni di questa mediocrazia sono molteplici e come comunità non possiamo sentirci esonerati dall’essere chiamati in causa per il fatto di aver smesso di pretendere più trasparenza, ma solo parole rassicuranti. Probabilmente è questa una delle più grandi manifestazioni del predominio dell’egoismo: se scompare la chiarezza, ma predomina solo il racconto di ciò che vorremmo o in qualche modo ci si adagia sulle narrazioni più convenienti, allora tende a sparire la responsabilità e anche il senso di unità.

Non è più possibile procedere oltre con questa modalità. Non è più il tempo di accettare che tutto sia gestito dalle stesse persone che ci hanno condotto a questo stato di cose attraverso l’applicazione di metodi ed idee che hanno alimentato solo la forza, sempre più precaria, di poche conventicole composte da soliti noti con l’aggiunta di pochi “fortunati” adulatori delle nostre peggiori passioni.

Abbiamo un assoluto bisogno di chiarezza su un duplice binario, quello della nostra coscienza e quello che porta al nostro esistere comunitario.

Si ascoltano costantemente, nel frastuono e caos quotidiano del predominio delle notizie sulla pandemia, richiami all’essere moderati e responsabili, ma con molta pacatezza dovremmo iniziare a chiederci: la responsabilità e l’unità che ora da più parti s’invocano, sono le stesse che ci hanno regalato il governo dei mediocri? Generalmente quando una cura non funziona, la cambiamo. La fiducia nelle istituzioni è ai minimi termini, siamo comunità divise e la strada della vera unità (non di quella evocata ad uso e consumo di chi ci dovrebbe guidare in nome del bene comune) la possiamo ritrovare solo concentrandoci nel ricercare e pretendere costantemente la chiarezza. Parole e fatti di verità. Non narrazioni.

Ci lasciamo rassicurare dal richiamo alla moderazione, ma davvero ci sentiamo tutti violenti? Realmente crediamo di essere in gran parte dei facinorosi pronti a ribaltare il tavolo? Certo l’educazione è in gran parte un lontano ricordo e molto andrebbe fatto anche sulle minime regole di vivere civile, ma nei fatti siamo tutti moderati. La stragrande maggioranza non esce di casa per minacciare le persone o creare danni a cose di proprietà altrui o di pubblica utilità per cui questo dibattito sulla necessità della moderazione presenta qualcosa di sterile, noioso e inconcludente. L’unico risultato che può avere è quello di prolungare l’agonia, anestetizzarci e non focalizzare l’attenzione sui veri problemi e contribuire a tutelare chi detiene fallimentarmente posizioni di potere.

Facciamoci forza, dunque, e torniamo alla verità nelle parole e nei fatti. Troviamo il coraggio di cogliere le vere opportunità che le crisi ci offrono per abbracciare una grande visione di cambiamento e parole, magari nette e radicali, ma chiare.