Le Nazioni Unite, individuando gli obiettivi per affermare il paradigma dello sviluppo sostenibile entro il 2030, hanno dedicato ampia attenzione a “Salute e benessere” poiché l’accesso alle cure e la tutela di uno stato di buona salute per tutti è considerato tra i più importanti risultati da raggiungere entro la prossima decade.

L’Italia con il proprio sistema sanitario universalistico rappresenta da sempre per questo argomento un punto di riferimento, nonostante critiche, inefficienze e scandali che nel corso degli anni hanno, purtroppo, occupato le cronache dei giornali e attirato giudizi negativi dei cittadini.

Lo scoppio della pandemia e le attività di contenimento del contagio, prima fra tutte il lockdown, hanno avuto un grande impatto anche sul sistema sanitario, in particolare sulla sua organizzazione e sulle prestazioni garantite ai cittadini.

Senza voler ricordare ed approfondire quanto i medici e tutto il personale sanitario siano stati decisivi con il proprio operato ed ingegno lasciando sul campo anche numerose vite, occorrerebbe iniziare a verificare quali siano le condizioni dalle quali la sanità ripartirà in questa nuova fase dell’emergenza.

Il lockdown non ha bloccato solo le attività commerciali e sociali: sono migliaia le prestazioni mediche annullate o rinviate a causa di un’organizzazione non sempre pronta a gestire unitamente all’emergenza Covid-19 anche le attività ordinarie di assistenza, nonostante le grandi capacità dei medici e di tutto il personale del comparto sanità.

Come evidenziato da Repubblica ed altre autorevoli testate giornalistiche che hanno raccolto le testimonianze di alcuni dirigenti della sanità confrontandole con diverse indagini condotte nelle scorse settimane (una su tutte da Nomisma), in Italia sono saltati circa “500 mila interventi e 12 milioni di esami radiologici. Senza contare i milioni di cittadini che a causa del rischio Covid-19 hanno rinunciato o subito gli annullamenti dei controlli per le malattie non trasmissibili (NCDs – non communicable disease) che rappresentano da anni la prima causa di morte in Italia e nel mondo.

l’Istat ha, infatti, evidenziato nel suo ultimo rapporto sullo stato del cammino italiano verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile pubblicato il 14 maggio come la “maggior parte dei decessi avvengono per cause legate alle malattie cardiocircolatorie (35,8%), tumori maligni (26,3%), alle malattie del sistema respiratorio (8,2%)”. Sempre l’Istituto nazionale di statistica ha rimarcato come nel Mezzogiorno sia prevalente rispetto al Nord la mortalità per diabete, malattie cardiovascolari, cerebrovascolari ed ipertensive.

Alla luce di questi dati può risultare evidente come il coronavirus, nonostante la grande disponibilità  e capacità del personale,  possa aver colpito fortemente il sistema sanitario italiano rallentandone le prestazioni e la garanzia di accesso alle cure per tutti i cittadini.

Questo problema evidenzia come sia arrivato il tempo che, ai vari livelli istituzionali, i decisori politici inizino a pensare sul serio a come trasformare questa crisi in una grande opportunità per rilanciare un sistema sanitario in affanno e con evidenti disparità d’investimento e strutture tra il Nord ed il Sud dell’Italia.  Se, infatti, i vari decreti emanati dal Governo per affrontare la pandemia fanno registrare per ovvie ragioni una forte attenzione al “problema salute”, le misure adottate sembrano essere più di natura protezionistica e cautelativa che non di investimento e cambiamento. Sul tavolo, al momento, sono state avanzate alcune ipotesi soprattutto sull’organizzazione della medicina territoriale e sull’eventuale utilizzo del MES (fondo salva stati) per le spese dedicate alla sanità, ma ad ora non appaiono siano state intraprese strategie chiare.

Una situazione simile impone con urgenza un’assunzione di responsabilità in duplice veste:

  • politica, poiché sono necessarie prendere decisioni che abbiano risvolti non solo nell’immediato, ma anche nel futuro grazie all’attuazione di strategie ed investimenti per assunzioni, formazione, edilizia sanitaria, riduzione del gap strutturale e tecnologico tra le diverse aree del Paese;
  • organizzativa: il sistema sanitario deve avere linee guida chiare su come ripartire ed operare a pieno regime per recuperare il tempo perduto. Non è più il tempo di navigare a vista.

Con questi presupposti difficilmente si potranno effettuare grandi passi in avanti verso l’obiettivo (Goal 3) “Salute e Benessere” dell’Agenda 2030 e, nella speranza che non si verifichi una seconda ondata dell’epidemia, si corre il serio rischio di registrare a fine anno un notevole aumento di morti da malattie croniche e non trasmissibili.

Pubblicato su: Ricerca & Salute