Lo scorso dicembre, alla presenza del Ministro della Salute Roberto Speranza, veniva presentato a Roma, il “XXII Rapporto PiT Salute” realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Sembra passata un’era e nessuno poteva immaginare che all’orizzonte ci fosse la sfida più importante che il sistema sanitario e l’Italia dovessero affrontare dal dopo guerra ad oggi.
Il rapporto evidenzia come 1 cittadino su 3 presenti difficoltà nell’accesso alle cure e alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale: nell’ambito di tale criticità il 32,2 % degli intervistati ha dichiarato che essa è legata ai costi ed alle condizioni di disagio economico, il 34,1% alle liste d’attesa per ottenere visite specialistiche (ritardi rilevanti si registrano anche nella fruizione di esami diagnostici come ecografie, risonanze magnetiche, ecodoppler ecc…). Non deve essere sottovalutato anche il dato che vede i cittadini lamentare una mancanza di corretta informazione nel 62,4% dei casi.
Un scenario così delineato al dicembre 2019 non può assolutamente farci dormire sogni tranquilli nel progettare l’Italia post-Covid19, ma deve assolutamente spingere coloro i quali sono impegnati a vario titolo nel fondamentale “territorio” del diritto alla salute ad alzare la guardia e pianificare strategie utili a rispondere all’aumentata richiesta di cure che si alzerà da fasce di popolazione sempre più colpite dal disagio economico sia dal punto di vista dell’accesso ai servizi sia dalla diffusione di corrette e semplici informazioni.
Lo studio quindi, nonostante i tanti cambiamenti allo stile di vita che seguiranno l’epidemia, non perde la sua attualità e offre alcuni spunti da cui partire per immaginare il ruolo importante che le associazioni operanti nel settore salute possano avere nel prossimo futuro.
Riguardo la diffusione di corrette informazioni le associazioni e gli enti del terzo settore potranno svolgere un importante ed utilissimo ruolo poiché anche in questo momento, in molti casi, colmano la distanza tra istituzioni sanitarie e cittadini riuscendo a raggiungere attraverso le reti di contatti e dei legami territoriali le fasce della popolazione più colpite da condizioni di disagio sociale ed economico.
Nell’Italia post epidemia da coronavirus, purtroppo probabilmente più povera, potranno e dovranno essere protagoniste tutte quelle realtà del terzo settore impegnate nel portare l’accesso alla “salute” in direzione dei cittadini offrendo consulti, visite e prestazioni mediche gratuite nelle piazze e tramite ambulatori e sportelli di medicina solidale. L’aggravarsi delle condizioni di disagio economico chiama quindi ad un ulteriore impegno ed assunzione di consapevolezza gli enti citati che potranno essere fondamentali per supportare non solo il Servizio Sanitario Nazionale, ma l’intero sistema del welfare nel reggere l’urto dei nuovi bisogni che arriveranno e gestire eventuali emergenze. In una tale ottica dovranno diventare ancora di più centrali i programmi dedicati alla prevenzione e alla promozione dei corretti stili di vita.
La stagione alle porte offrirà buoni risultati in questo senso se gli enti del terzo settore riusciranno a vivere il proprio ruolo raccordandosi con le istituzioni e rafforzando le reti: la speranza è che siano pienamente attuate la co-programmazione e la co-progettazione previste dal Codice del terzo settore con l’obiettivo di far collaborare enti pubblici ed enti non profit per la realizzazione di attività rientranti nei settori di attività di interesse generale (che quindi non presuppongono interessi diversi e contrapposti). La salute è una di queste.
Programmando ed individuando strategie comuni con attività mirate alla soddisfazione delle diverse esigenze emergenti dai singoli territori sarà possibile offrire valide risposte ai tanti cittadini che si ritroveranno ad affrontare le difficoltà di accesso alle cure. Le iniziative ed i progetti risentiranno delle indicazioni di distanziamento sociale che saremo, probabilmente, costretti a seguire nei prossimi mesi, ma il dopo coronavirus può rappresentare un nuovo punto di partenza nella costruzione di una comunità più partecipe e collaborativa.