Nel giorno di Ferragosto dalle pagine del Corriere della SeraFrancesco Giavazzi ha invitato la politica alla su cosa davvero, con le proprie scelte, stia lasciando ai giovani e più propriamente ad ascoltare i dieci milioni di giovani che non hanno ancora maturato il diritto di voto.

Potremmo tranquillamente sintetizzare, di là dai singoli e specifici “allarmi” sui debiti che si stanno consegnando alle giovani generazioni, che il prof. Giavazzi con il suo editoriale abbia ancora una volta richiamato la politica e le classi dirigenti a tenere presente che il proprio compito, in nome della responsabilità, non sia pensare cinicamente agli interessi del presente, ma costruire condizioni favorevoli per coloro che verranno.

Sicuramente l’invito all’ascolto non dovrebbe essere lasciato cadere nel vuoto, ma occorrerebbe anche evitare di creare troppe aspettative da questa attività e di consegnare ai minori un carico eccessivo di responsabilità.

Non si può, infatti, ignorare che la strada che ci ha portato ad oggi e a queste considerazioni sia lastricata probabilmente di errori e lacune nei percorsi educativi e formativi offerti ai ragazzi.

Proprio recentemente, la politica, ha iniziato a rispondere a tali problemi riproponendo l’educazione civica nelle scuole e questo, occorre tenerlo a mente, non è avvenuto per caso. Sono numerosi i giovani smarriti senza esempi – culturali ed educativi – che si distinguono quotidianamente per azioni altamente negative (senza che esse arrivino agli onori delle cronache).

La società attuale appare spesso nichilista (le passate ed attuali classi dirigenti hanno offerto in tal senso un contributo molto serio) e ciò non può lasciarci indifferenti. Ma non basta l’ascolto di chi, probabilmente, non è pienamente e veramente consapevole delle condizioni del Paese che vive, per uscirne.

Occorrerebbe una grande visione della comunità che si vuole costruire. Le sfide dell’ambiente ed il debito pensionistico che il prof. Giavazzi richiama sono solo degli aspetti da dover affrontare, ma non possiamo limitarci a questo.

Una grande visione del futuro e della comunità cui tendere non può prescindere dal fatto che a fronte di tanti ragazzi capaci, svegli e preparati c’è una stragrande maggioranza di quei 10 milioni di giovani che ancora non votano (estenderei la considerazione anche a gran parte di chi ha maturato da qualche anno il diritto di voto) che ha bisogno di esempi concreti e strumenti reali di educazione alla partecipazione.

Anche il più recente rapporto sui giovani della Fondazione Toniolo ci consegna una fotografia non positiva delle Giovani generazioni. Soprattutto nell’impegno e nella speranza del futuro.

Inutile cedere alla tentazione di narrazioni mediaticamente ricche di attrattività se vogliamo migliorare questa condizione.

Il tempo perduto lo si recupera con la consapevolezza e l’operatività quotidiana per un cambio di direzione. Facendo riacquistare fiducia da parte dei giovani nelle classi dirigenti (prima tutti i loro appartenenti dovrebbero ricordarsi di onorare il proprio ruolo), ma anche aiutandoli a crescere consapevoli che: la vita è sacrificio e accettazione delle condizioni date per provare a migliorarle, esiste la sconfitta, l’educazione e lo studio sono fondamentali e non inutili accessori del vivere in società, la responsabilità è qualcosa che riguarda tutti e non solo gli altri – siano essi politici o chiunque abbia un ruolo dirigenziale e/o educativo.

Per ultimo aiutandoli ad essere capaci di sognare e coltivare la speranza che non tutto è scritto, ma con le proprie azioni magari non è possibile cambiare il destino del mondo, ma sicuramente quello del contesto, grande o piccolo che sia, in cui vivono.

Ci rendiamo conto che, nonostante le numerose opportunità offerte dalle istituzioni che i giovanissimi potrebbero cogliere (programmi Erasmus, bandi di ogni genere), sono davvero pochi coloro i quali le conoscono e si propongono e ciò, spesso, non è dovuto alla responsabilità della poca comunicazione da parte delle istituzioni o degli enti?
Probabilmente non ne siamo pienamente consapevoli.

Bene stanno facendo ad esempio alcune istituzioni come l’Agenzia Nazionale Giovani a scendere nelle piazze ed interloquire direttamente con i giovani, ma a ben guardare, purtroppo, prendono parte a questa e ad altre campagne ancora ristrette minoranze.

Se guardiamo poi al servizio civile, esperienza di crescita e formazione che potrebbe essere al centro dei nuovi percorsi di cui si parlava, spesso molti enti non ricevono domande di partecipazione tali da soddisfare il numero di posti annualmente disponibili. Ancora una volta non è solo responsabilità delle istituzioni e degli enti attuatori dei progetti.

La vera sfida da vincere è quindi quella di porsi in ascolto dei più giovani, ma offrendo loro gli strumenti e le conoscenze in grado di aiutarli a coltivare e maturare non solo le competenze, ma la capacità di essere responsabili compiutamente dei percorsi e delle scelte della propria vita senza cedere ad alibi, nonostante le difficoltà, nonostante il mondo nichilista che spesso li circonda e che li spinge a fare il contrario perché “tanto alla fine nulla potrà cambiare”.

È una sfida titanica, ma può cominciare ad essere vinta solo se ad essere consapevoli della realtà saremo prima noi adulti.

Pubblicato su: Istituzioni24.it