Il ruolo svolto da tutte le figure professionali del settore sanitario si sono dimostrate di fondamentale importanza per un comparto che, nonostante i continui tagli, si dimostra ancora strategico e fondamentale nella vita dello Stato. In queste settimane i media hanno elogiato – giustamente – chi ha combattuto in prima linea la battaglia contro il nuovo coronavirus per salvare vite e trovare una cura che possa consentire il ritorno alla normalità. Figure che hanno pagato un prezzo molto alto e che si sono impegnati nei reparti e nei laboratori di tutta Italia, non dimentichiamo infatti che molti sono i medici impegnati anche nella ricerca scientifica.

Tuttavia, per fare in modo che le criticità emerse nelle riflessioni delle ultime settimane non restino lettera morta potrebbe essere utile programmare i prossimi investimenti nel settore ripartendo dal racconto di questi giorni e dai dati pubblicati dall’Istat nel report relativo all’occupazione nella sanità pubblica diffuso lo scorso 6 maggio.

L’Istituto di statistica nel rapporto ha evidenzia che dal 2009 al 2018 gli occupati a tempo indeterminato nella sanità pubblica si sono ridotti considerevolmente (ciò è imputabile anche ai numerosi piani di rientro attuati in molte Regioni): sono oltre 40 mila le unità in meno. Questa riduzione ha riguardato il 5,4% dei medici e solo quarto di essa è stata compensata dalla crescita registrata dal lavoro flessibile (circa il 26%). Altro dato evidenziato riguarda l’età media dei dipendenti a tempo indeterminato, pari a 52,3 anni per gli uomini e a 49,9 anni per le donne. Tra questi i dirigenti sono quelli che presentano l’età più alta (il 60,4% dei dirigenti medici ha più i 55 anni e il 38% supera i 60).

Anche dal punto di vista economico negli anni si è assistito a un progressivo svilimento della figura del medico: secondo i dati Istat la retribuzione del personale dirigente del comparto è più bassa rispetto a quello degli enti pubblici non economici, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Magistratura e delle Agenzie fiscali. Mentre per il personale non dirigente le retribuzioni sono in linea con il resto della PA.

Questi dati possono essere il punto di partenza per una serie di rflessioni su come affrontare alcune delle difficoltà logistico-operative della sanità oggi, specialmente laddove la capacità e la bravura di molti operatori e dirigenti non sono valorizzate per l’eccessivo carico di lavoro cui sono sottoposti e per i ritardi nel ricambio generazionale. Un rinnovamento che in alcuni casi potrebbe anche favorire un deciso scatto verso l’adeguamento tecnologico da troppo tempo rimandato in alcune aree del Paese.

Questa crisi potrebbe quindi essere il momento per ripensare la sanità e riprogrammare l’utilizzo delle risorse avviando un grande programma di rinnovamento umano e tecnologico e favorendo assunzioni e adeguamento degli stipendi per allinearli a quelli di altri enti pubblici.

Pubblicato su: Ricerca & Salute